Testo estratto da: Chiara Bertoglio. «Accordo perfetto. La Trinità nella musica, la musica nella Trinità».
Elaborare l’esperienza di Dio, Atti del Convegno «La Trinità», Roma 26-28 maggio 2009.
L’armonia musicale è sì un «simbolo» di certi aspetti della vita trinitaria, ma è anche concretamente una creazione della Trinità, una realtà creata che da Dio è stata donata agli uomini. Il parallelismo smette perciò di essere una semplice figura analogica, e diventa, anche qui, una relazione. Allo stesso modo, è assai più proficuo, a mio vedere, «percepire» come l’armonia musicale è un riflesso dell’armonia trinitaria, anziché ridurre questa «prossimità di bellezza» ad un’equivalenza meccanica.
Possiamo, perciò, realizzare che molte delle funzioni della tonica possono essere accostate ad alcuni degli attributi del Padre, in primis per quanto riguarda la funzione «generativa» della nota fondamentale sia nei riguardi dell’accordo perfetto, sia in quelli dell’intero spazio tonale. Molto più problematico sarebbe trarre dal fenomeno dei suoni armonici una «gerarchia» all’interno della Trinità, che ovviamente non si può minimamente ridurre o accostare ad un fenomeno acustico. Può essere parimenti assai suggestivo vedere nella funzione di «perno» rappresentata dal quinto grado della scala un simbolo del Figlio nella sua duplice natura. All’interno dell’accordo perfetto, si può dire che tonica e dominante «si guardano», sono in una relazione diretta, che è nel contempo «dialettica» e «concorde». Piuttosto facile vedere in questa polarità un simbolo del Figlio come immagine del Padre, a Lui costantemente rivolto. Così, il quinto grado, dando vita (nello spazio determinato dalla tonica) all’accordo di dominante diventa sia parte del mondo di «quiete» autosufficiente dell’accordo perfetto, sia di quel mondo che gli gravita intorno e che – per usare la celeberrima espressione agostiniana – «è inquieto finché non riposa» in Dio. Altrettanto «facile», potremmo dire, è il riconoscere nelle qualità apportate dalla terza all’accordo perfetto un simbolo dell’azione dello Spirito, che «colora» e vivifica la relazione tra tonica e quinta, impedendo al semplice intervallo di quinta di rimanere una realtà chiusa e non comunicativa.
Sono tutte immagini possibili, e, probabilmente, hanno anche una certa validità a prescindere dal loro valore puramente suggestivo. E, tuttavia (mi riferisco qui innanzi tutto alla mia diretta esperienza di persona che «vive» in mezzo ai suoni), c’è un quid molto più bello e molto più ricco nell’immaginare l’armonia musicale come simbolo di quella divina rispetto a quello che si può desumere da accostamenti come quelli fin qui tracciati. C’è una «comunicatività» del tutto esperienziale che ci colpisce come una rivelazione di bellezza nel momento in cui «percepiamo» che c’è «qualcosa di Dio», un’impronta della realtà divina e trinitaria, nella stupenda ricchezza di un movimento armonico fecondo, caldo e vibrante come quello che potrebbero regalarci tre cantori dall’intonazione perfetta. Mi scuso con il lettore per la qualità molto personale che hanno queste impressioni, ma ritengo che sia importante comunicarle e non trovo sia possibile farlo senza passare dall’esperienza diretta: se si avverte un fascino «intellettuale», «simbolico», «razionale» nella possibilità di effettuare qualche timido ragionamento sulla Trinità basandosi sulla realtà sonora dell’armonia, si avverte tuttavia un fascino assai più alto, forte e «reale» nel trascendersi di questo stesso discorso, al di là di associazioni teoriche e mentali, e nell’ambito di una realtà di bellezza che parla al cuore, assai più che alla speculazione razionale.
Inoltre, se diverse parti vocali (per esempio tre voci che cantano una triade) sono davvero ben intonate e vengono cantate da persone educate ad ascoltare le voci altrui ed uniformare il proprio timbro al loro, il risultato sonoro sarà quanto di più simbolicamente vicino ad una realtà di comunione si possa umanamente realizzare. Il suono prodotto avrà infatti una caratteristica immediatamente comunicabile di «unità», di «accordo» e, per così dire, anche di «individualità»; nello stesso tempo, si può percepire e distinguere la compresenza dell’apporto di diverse voci umane, ed il fatto che è proprio il loro essere «in relazione» reciproca (vale a dire l’una intonata in rapporto all’altra) a creare il loro accordo, la realtà musicale globale che non si può ridurre alla somma degli apporti di ciascuna. Da un punto di vista acustico, inoltre, se diverse voci cantano la triade, e se sono realmente intonate, gli armonici che le diverse voci hanno in comune saranno numerosissimi. In tal modo, essi verranno intensificati e rafforzati, divenendo chiaramente percepibili ad un orecchio attento: la fusione dei suoni raggiunge allora un livello mirabile, in cui l’evidenziarsi degli armonici è quasi un «dono» acustico, un sovrappiù che risulta dalla perfezione dell’intonazione, e che caratterizza inconfondibilmente, inequivocabilmente ed inimitabilmente l’accordo stesso. In altre parole, l’accordo «do-mi-sol» cantato da tre voci intonatissime è una realtà «viva» acusticamente, una realtà «generativa», che provoca e produce suoni «propri». Ogni cantante produce, insieme con la propria nota fondamentale, anche i propri armonici; ma gli armonici che risulteranno dalla fusione delle voci non saranno semplicemente la somma di quelli prodotti da ogni singola voce, in quanto la loro interazione produce sonorità del tutto peculiari, non ascrivibili a nessuno dei cantanti preso singolarmente.