L’esterno e l’interno sono una cosa sola, non due. Si può osservare solo quando non c’è un’immagine attraverso cui si guarda. Se ho un’immagine di voi, non sto guardando voi, sto guardando attraverso l’immagine o l’immagine vi sta guardando. È piuttosto semplice, no? Osservare significa essere liberi dal pregiudizio, dalla fede, liberi da ogni forma di distorsione. E quando la mente è legata a una fede, c’è distorsione. Quando la mente è spaventata, ambiziosa o in lotta per raggiungere una posizione di potere, come può essere libera di guardare? Quindi è molto importante, mi sembra, scoprire che cosa significa osservare, vedere; cioè che cosa significa essere consapevoli, essere attenti. L’attenzione non è concentrazione. La concentrazione implica lo sforzo di escludere ogni pensiero al di fuori di un punto in particolare. Pensiamo che imparare a concentrarsi su un’immagine, su un’idea, o svolgere alcune pratiche che implicano la concentrazione sia parte della meditazione. Ma dove c’è concentrazione c’è esclusione e resistenza, e dove c’è resistenza c’è conflitto e spazio per la dualità. Penso che sia abbastanza chiaro.
All’opposto, l’attenzione non è esclusione, è solo consapevolezza. Questa consapevolezza è distorta quando l’osservazione viene tinta di pregiudizi da cui scaturisce una conclusione, quando si è condizionati come credenti di qualche particolare forma religiosa, dogma o tradizione come quella cristiana, indù o buddista. Una mente condizionata è incapace di osservazione, poiché agirà, penserà e vivrà secondo il suo condizionamento.
Quindi una parte essenziale della meditazione è capire la differenza tra concentrazione e attenzione. La concentrazione richiede uno sforzo; la consapevolezza o l’attenzione no. Quando si comprende tutto questo processo di accettazione di dogmi, tradizioni e credenze, questo accettare di vivere nel passato, allora l’attenzione sopraggiunge naturalmente e quindi è uno stato mentale in cui non c’è sforzo. Quando la mente è completamente attenta, dedicate tutto ciò che avete, il corpo, la mente, il cuore, ad ascoltare e a osservare.
Questo richiede energia. Non so se avete notato che quando ascoltate qualcuno con molta attenzione, senza pregiudizi, senza l’interferenza delle vostre simpatie e antipatie, allora siete vigili. Quando ascoltate qualcuno davvero non c’è “io” o “tu”, c’è solo l’atto dell’ascolto. Ciò richiede energia. Se adesso state ascoltando con molta attenzione quanto viene detto e dunque state imparando, non vi state concentrando, siete completamente attenti; quindi non c’è divisione tra chi parla e chi ascolta e questo comporta un coinvolgimento molto maggiore.
Da un punto di vista psicologico, l’osservatore è completamente diverso da ciò che osserva? Quando guardo me stesso, l’osservatore è diverso da ciò che guarda? Se è diverso, allora c’è una divisione tra la cosa osservata e l’osservatore, tra ciò che è sperimentato e lo sperimentatore. È questa differenza che genera conflitto e quindi distorsione. Pertanto bisogna essere molto chiari e scoprire direttamente per proprio conto se l’osservatore è l’osservato oppure no. Anche questo fa parte di ciò che viene chiamato meditazione. Quando approfondite questo aspetto, notate che l’osservatore è l’osservato. Quando siete invidiosi, l’invidia non è diversa da colui che osserva o che è consapevole dell’invidia. Egli è l’invidia. È la reazione che si chiama invidia. Quando non c’è una resistenza a quella cosa che lui ha chiamato “invidia” ma la semplice osservazione del fatto, allora si vede che la parola non è la cosa. L’invidia viene risvegliata attraverso la parola, attraverso la memoria, e dunque rende l’osservatore diverso dall’osservato. La comprensione di tutto ciò libera senza sforzo la mente dall’invidia.
Tutto questo fa parte della meditazione e spero che lo stiate facendo mentre parliamo. Se non lo fate ora, non lo farete mai; non è una cosa a cui pensare quando andate a casa. La bellezza della meditazione è che si fa per tutto il tempo in cui si vive, ogni minuto del giorno, mentre si cammina, mentre si parla, in modo che la mente diventi acutamente consapevole di se stessa e quindi profondamente sensibile, intelligente e onesta. Allora non c’è distorsione, non c’è illusione.
Da: Jiddu Krishnamurti, Capire se stessi, trad. di Fabrizio Andreella, Edizioni Il Punto d’Incontro 2020.